Storie di passione, amore, coraggio e talento. Una fotografia dei valori e dei sentimenti dei sognatori di oggi. Uno sguardo curioso e aperto, al di là di preconcetti e luoghi comuni…
«So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell’islam che un certo islamismo incoraggia. E’ troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti…». Il testamento di frère Christian de Chergé è diventato celebre da quando il film capolavoro Uomini di Dio di Xavier Beauvois, che nel 2010 vinse il Gran Premio della Giuria a Cannes, ha fatto conoscere in tutto il mondo la storia dei sette cistercensi del monastero di Tibhirine che furono assassinati in Algeria nel ‘96, ai tempi della guerra civile. Il monastero di Des hommes et des dieux (Uomini e dèì, il titolo italiano non rendeva giustizia all’originale) è sul Web: un sito ufficiale (www.monastere-tibhirine.org) per sostenere il progetto della diocesi di Algeri e «tenere vivo questo luogo della memoria».
«I monaci di Tibhirine hanno lasciato all’umanità un messaggio di fraternità indirizzato a ogni uomo e a ogni donna, al di là delle appartenenze religiose». Il sito racconta la storia della comunità, elenca film e libri che l’hanno rappresentata, contiene immagini del monastero e dei monaci uccisi – oltre al priore frère Christian de Chergé, Luc Dochier, Christophe Lebreton, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Célestin Ringeard e Paul Favre-Miville – e descrive la situazione attuale. «I monaci di Tibhirine hanno lasciato all’umanità un messaggio di fraternità indirizzato a ogni uomo e a ogni donna, al di là delle appartenenze religiose», si legge. La diocesi ha iniziato a restaurare il monastero, la foresteria e la cappella, e il sito «permetterà di raccogliere le offerte di tutti coloro che vogliono collaborare a questo progetto e sostenere questi lavori». Soprattutto, si vuole diffondere la testimonianza dei monaci che scelsero, nonostante le minacce e la paura, di restare in un Paese e tra un popolo che amavano. Integralisti, servizi segreti, esercito: la verità sulla strage non si è mai saputa.
«Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: ‘Dica adesso quel che ne pensa!’. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, completamente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze», scriveva frère Christian. E concludeva rivolto a colui che lo avrebbe ucciso: «E anche te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ‘ad-Dio’ profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc’Allah».