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L’Italia, in occasione del semestre di Presidenza europea, è chiamata a una grande responsabilità, per affrontare le sfide che garantiscano ai migranti i diritti e la dignità della persona, eliminando ogni forma di razzismo e xenofobia. Più in generale i diritti umani dovrebbero essere il punto di riferimento di ogni forma di cooperazione in materia di controllo dell’immigrazione tra l’UE e Paesi terzi.
Oggi la Sicilia rappresenta la “porta d’Europa” nel Mediterraneo. Il dettaglio locale mostra come sia cambiata la geografia del fenomeno: la Sicilia rimane la regione con più arrivi, ma si registra una diversificazione delle località interessate. Il 95% degli sbarchi è avvenuto in località diverse da Lampedusa, che vede un dimezzamento degli arrivi. Migliaia di persone stanno partendo dalle coste africane. I nuovi arrivati sono afghani, siriani, algerini, libici, somali e sudanesi, che fuggono da guerre e regimi dittatoriali. Secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) i recenti flussi sono costituiti da persone che, secondo le norme internazionali e la legge italiana, hanno il diritto di ottenere protezione, una volta arrivati nel Paese. È necessaria una politica europea di salvaguardia dei diritti umani, a partire dal soccorso in mare, dall’applicazione del principio di non respingimento. E da un maggiore coordinamento delle strutture di prima accoglienza, e dal loro completamento con adeguate misure di inserimento sociale.
Se, oggi, i numeri continuano a essere questi, la situazione rischia di diventare ingestibile. Le nuove cifre generano paura. Servono misure urgenti da adottare per far fronte all’emergenza sbarchi, che stanno assumendo dimensioni drammatiche e insostenibili, e richiedono un impegno straordinario a Stato e Regioni. A livello istituzionale vi è sempre più la convinzione della necessità di “coerenza” tra politiche migratorie e politiche di sviluppo.
Il dibattito sulla revisione del sistema Schengen, accesosi a seguito della “Primavera araba”, si è andato ulteriormente complicando a causa degli arrivi in massa di immigrati irregolari sui confini di altri Stati. Quando si crea un’area di libera circolazione, i confini esterni diventano la nuova frontiera di tutti. Per questo è necessario mobilitare tutte le risorse disponibili per assicurare un controllo più efficace di tutte le frontiere esterne. Occorre verificare l’effettiva applicazione degli obblighi in materia di diritti umani sanciti dal Trattato di Lisbona del 2009 da parte dell’agenzia per le frontiere esterne.
È necessario verificare l’effettiva applicazione degli obblighi in materia di diritti umani sanciti dal Trattato di Lisbona del 2009 da parte dell’agenzia per le frontiere esterne.
Occorre una strategia in tre stadi:
– un sistema di controllo dell’immigrazione legale, il che non vuol dire aprire a tutti ma dare un’opportunità di regolarità;
– protezione temporanea per chi vuole tornare nel paese di origine;
– un quadro per chi chiede asilo politico e risolvere la questione del “burden sharing”, cioè della ripartizione delle risorse.
Solo con una forte e lungimirante azione politica questi problemi possono essere affrontati e gestiti in modo adeguato. Le “carrette del mare”, che arrivano quotidianamente, dovrebbero suscitare presa di coscienza della natura dei problemi dei paesi impoveriti, della nostra responsabilità. E un sussulto di solidarietà per l’accoglienza, consapevoli che la rimozione del sottosviluppo riguarda l’intera Europa.
Oggi, con la creazione di Frontex Plus, l’Unione europea torna a essere protagonista nel Mediterraneo, ponendo le basi per il ritiro di Mare Nostrum, che avrà come sua articolazione operativa quella della frontiera del Mediterraneo e di Schengen.